da motonline.com
http://www.motonline.com/su_strada/arti ... ice=138419
per chi di voi non l'ha ancora vista... mi è venuto un sacco voglia di provarne una... bella, cacchio che bella
eppoi come si fa a non voler portare in pista un ferro vecchio del genere? :-svalvolato :-svalvolato :-svalvolato
splendida....
per chi non l'ha ancora vista... bella, bella, bella
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04.06.2008
La prima Superbike a stelle e strisce
di Alan Cathcart, foto di Kyoichi Nakamura
La formula per derivate di serie nacque per la sopravvivenza delle corse durante la crisi economica degli Anni '30. La Indian propose il modello Sport Scout, che divenne la moto da battere
Verso la metà degli anni Settanta, Will Harding, originario dell'Arizona, si classificò quinto nel campionato Superbike AMA a bordo di una Kawasaki. Più di recente, invece, Harding è stato impegnato in eventi riservati alle moto d'epoca con una Indian Sport Scout del 1936 dotata di cambio a mano, frizione a pedale, forcella a parallelogramma e un motore bicilindrico con valvole laterali che sviluppa appena 40 Cv, trasmessi a terra attraverso un telaio rigido privo di sospensione posteriore.
Fare un paragone tra queste due moto offre spunti piuttosto interessanti. Se la prima rappresenta infatti uno dei tanti modelli che ha partecipato al campionato AMA, la Indian, viceversa, è proprio la prima Superbike americana in assoluto, visto che è stata la dominatrice della classe C di questa serie fin da quando è stata istituita, vale a dire nel 1934, in risposta alle difficoltà economiche degli Stati Uniti dovute alla Grande Depressione.
I primi anni Trenta, infatti, hanno visto in America le competizioni motociclistiche molto vicine alla fine, con la classe A, riservata alle moto dai 350 ai 500 cc, in forte crisi, tanto da costringere gli unici due costruttori superstiti, Indian e Harley, a interrompere il loro impegno in forma ufficiale a causa della mancanza di fondi.
Nel 1933, la produzione totale degli stabilimenti Indian di Springfield ammontava a 1657 unità, mentre il numero di moto nuove costruiti in tutti gli Stati Uniti nello stesso anno era di appena 7418, contro gli oltre 8000 veicoli che la sola Indian costruiva ogni anno durante i "ruggenti" anni Venti.
Quando gli effetti devastanti della Depressione raggiunsero proporzioni catastrofiche in USA, ovvero verso la metà del 1932, un terzo della forza lavoro, circa 15 milioni di persone, era disoccupata, 5000 banche erano fallite, senza contare le piccole attività che chiudevano ogni giorno e la fame dilagante costringeva le persone a fare la fila per un piatto di minestra. La cosa incredibile, però, è che in questo scenario le competizioni motociclistiche sopravvissero. Ciò accadde nonostante la grandissima ostilità tra i sostenitori delle suddette Case costruttrici, spesso degenerata in violenza e all'origine della pessima immagine offerta dalla comunità motociclistica americana fino a poco tempo fa. Spesso, infatti, i raduni e le manifestazioni locali finivano inevitabilmente in risse tra bande rivali e molti club hanno dovuto chiudere a causa di questa vera e propria guerra.


Una moto da corsa anti-crisi
Fu dunque per fronteggiare questa crisi economica e sociale che la AMA istituì la classe C, in modo da riattivare l'interesse nei confronti della serie nazionale e permettere ai piloti di gareggiare con mezzi quasi di serie spendendo cifre ragionevoli, attraverso un regolamento studiato appositamente.
Addirittura, quest'ultimo prevedeva che le moto fossero guidate e non trasportate da un circuito all'altro, anche se poi questa norma fu tolta, assieme al fatto che i piloti ammessi fossero solo di livello amatoriale. Tutto ciò fece sì che la classe C diventasse la base sulla quale si è sviluppata la Superbike AMA nei primi anni Settanta.
Nel 1934, il regolamento della Classe C prevedeva che le moto con valvole laterali avessero una cilindrata di 750 cc, dal momento che era questa la configurazione utilizzata su strada dalla maggior parte dei motociclisti dell'epoca. Quelle con valvole in testa, invece, era limitate a 500 cc, con un rapporto di compressione massimo di 7,5:1, in modo da non risultare più competitivi dei 750. All'inizio, le uniche modifiche permesse consistevano nella rimozione delle luci e della dotazione stradale, oltre che nell'installazione di un parafango posteriore più avvolgente.
I piloti erano tenuti a presentare i documenti in merito alla proprietà della moto, in modo da scongiurare la fornitura di mezzi ufficiali da parte delle Case costruttrici. Fu così, però, che nel 1934 la Indian mise in commercio la Sport Scout, che veniva venduta all'abbordabile prezzo di 300 dollari. Questo modello utilizzava un motore bicilindrico a V di 42° con valvole laterali e carter secco, caratterizzato da 73 mm di alesaggio e 88,9 mm di corsa e inserito in un telaio decisamente robusto. Il peso a secco del veicolo in assetto stradale era di 175 Kg. Sia la valvola di aspirazione che quella di scarico avevano un diametro di 41,275 mm, mentre le teste erano in lega e i cilindri in ghisa. Il cambio era a tre velocità e veniva azionato manualmente, in abbinamento a una frizione in bagno d'olio. L'accensione era, secondo gli standard di allora, a batteria e bobina, con la possibilità opzionale di usarne una a magnete. Il modello precedente alla Sport Scout, la Motoplane, rappresenta la prima Indian a impiegare una forcella a parallelogramma sulla falsariga di quanto all'epoca già accadeva sulle moto inglesi. La Sport Scout, pertanto, veniva equipaggiata con una versione irrobustita di questa unità, che determinava un interasse relativamente contenuto per gli standard di quel periodo: 1435 mm. Le ruote erano entrambe da 18" e il livello di maneggevolezza decisamente buono, a giudicare dalla soddisfazioni dei numerosi clienti che ebbero modo di apprezzare questo modello.

Competitiva fino al 1953
La sua prima vittoria giunse nel febbraio del 1935, alla 200 miglia di Jacksonville, Rody Rodenburg inaugurò una serie che fece della Sport Scout la moto più gettonata del lotto. Con un minimo di elaborazione, infatti, i piloti privati potevano contare su un mezzo competitivo nella classe C, al quale la Harley Davidson rispose solo sei anni più tardi con la WR.
Il successo della Sport Scout fu sottolineato anche dalla doppietta ottenuta dal californiano Ed Kretz nel 1937, vincendo sia la 200 miglia di Daytona (che all'epoca si disputava parte sulla sabbia della spiaggia e parte sull'asfalto della strada) sia quella di Jacksonville nell'arco di appena sette giorni. Addirittura, Kretz e la sua Sport Scout continuarono a vincere anche nel dopoguerra e, in pratica, la gloriosa carriera di questo modello ebbe fine nel 1953, con la chiusura della Indian stessa.
Uno di questi esemplari, e più precisamente un modello del 1936, fu acquistato di seconda mano da Ken Dinan nell'immediato dopoguerra. Questa moto ha gareggiato con discreti risultati fino alla fine degli anni Quaranta per mano dello stesso Dinan, il quale ha vinto abbastanza gare per la Casa di Springfield da vedersi riconoscere, nel 1949, l'onore di poter acquistare, al simbolico prezzo di un dollaro, una nuova Project 648 Sport Scout, cosa che lo indusse a vendere l'esemplare del 1936 a un altro pilota. Quest'ultimo risponde al nome di Duffy Batchelder, il quale, nel 1999, ha rivenduto la Sport Scout a Will Harding, che all'età di 55 anni l'ha portata di nuovo in pista per regalarle una sorta di seconda giovinezza nelle competizioni per moto d'epoca.
Harding è infatti il cofondatore della AHRMA, oltre che l'organizzatore della prima gara per veicoli storici di Daytona, al Cycle Week del 1981. Grande appassionato del marchio Indian, Will ha iniziato la sua carriera di pilota nel 1973 in sella alle Yamaha a due tempi, per poi passare alle quattro tempi dell'allora nascente classe Superbike, dopo di che si è addirittura dato al triathlon, specialità che lo ha visto campione dello stato della Florida e protagonista di due Iron Man. Nei primi anni Ottanta, poi, Harding è tornato alle moto, prendendo parte al Tourist Trophy sull'isola di Man prima di dedicarsi, sia come pilota che come organizzatore, agli aventi per moto d'epoca negli Stati Uniti.

Trionfatrice fra le moto d'epoca
Così, dopo aver vinto due titoli AHRMA nella categoria F750 a bordo della leggendaria Honda "Old Grizzly" a quattro cilindri, più altri tre nella Formula Vintage, BoTT F2 e BoTT F3 in sella a delle Moto Guzzi, questo straordinario personaggio ha deciso di affrontare una nuova sfida nel tempo libero che gli rimane tra gli impegni con l'organizzazione degli eventi per moto storiche e le serate nelle quali suona il contrabbasso con la sua band nei club di musica dal vivo: portare in gara la Sport Scout nella classe C della AHRMA, vale a dire quella dedicata alle moto con cambio a mano costruite prima degli anni Cinquanta.
"Ho avuto l'occasione di provare qualche Indian durante dei turni di prove libere e ho capito che dovevo assolutamente possederne una, dal momento che è una moto divertentissima, oltre a rappresentare la progenitrice di tutte le moto da corsa americane" - spiega Will Harding mentre i suoi assistenti stanno preparando la sua Sport Scout con cambio a mano, la stessa che ha vinto il concorso come miglior moto d'epoca originale al Cycle Week di Daytona, per la nostra prova.
Un titolo che è andato ad aggiungersi alle otto vittorie consecutive sia nella Classe C della AHRMA che nei Gran Premi riservati alle moto costruite prima del 1940, ottenute dal 2000 al 2005, prima che la moto fosse messa a riposo nella casa di Will a Gainesville, Florida. Tuttavia, l'arrivo di moltissimi esemplari con cambio a mano, la maggior parte dei quali provenienti dall'Australia, alla Cycle Week del 2007, ha costretto Harding a rispolverare la sua Indian per difendere l'onore degli Yankee in quel di Daytona. "Non potevo lasciare che la compagine australiana avesse vita facile ? spiega Will ? perciò la Sport Scout è tornata di nuovo in pista!".
Naturalmente, prima di affrontare questo impegno, la moto è stata completamente revisionata, sia per garantire la necessaria affidabilità che per risolvere alcuni problemi dovuti a qualche trafilaggio d'olio. Inoltre, Harding ha avuto la possibilità di allenarsi un po' prima della gara, anche se l'ha fatto a modo suo? "Una settimana prima di guidare la moto a Daytona ho percorso circa 250 miglia per strada, solo che non avevo i fari, la targa e il silenziatore! Diciamo che qui in Florida gli spazi sono molto ampi e, poi, conosco molto bene lo sceriffo del luogo! È stato grazie a queste uscite se ho potuto riprendere le misure alla Sport Scout. Infatti, per gli standard dell'epoca prebellica, l'aderenza dei pneumatici è discreta ed è molto facile toccare l'asfalto con le pedane in curva, dunque è bene non chiedere troppo alla ciclistica in questo frangente, anche perché la forcella a parallelogramma innesca subito qualche ondeggiamento. Certo, installando un'unità telescopica idraulica che i regolamenti AHRMA consentono per motivi di sicurezza la situazione migliorerebbe, ma per quanto mi riguarda ho preferito adottare un semplice ammortizzatore di sterzo che fornisce comunque dei benefici".
Ammortizzatore di sterzo o no, la Sport Scout è pur sempre una moto costruita negli anni Trenta, dunque va guidata con la dovuta cautela, anche se la prova si è svolta, secondo la miglior tradizione statunitense, sulle lunghe e dritte highway della Florida.

Attenti a cambio e frizione!
Il trucco per guidare la Sport Scout è quello di non farsi confondere dal cambio a mano e dalla frizione a pedale, che al giorno d'oggi sono praticamente scomparsi in ambito motociclistico. In pratica, basta fare finta di essere alla guida di una automobile, nonostante il manubrio al posto del volante.
Ciò non significa, naturalmente, che una volta avviato il motore con il kickstarter e apprezzato il tipico sound del bicilindrico americano, tutto riesca facile e spontaneo. Bisogna prima premere il pedale della frizione sulla sinistra, azionare la leva del cambio a mano (posta anch'essa sul lato sinistro), il che tra l'altro dà luogo a una notevole rumorosità meccanica, e rilasciare gradualmente il pedale fino a quando il mezzo non comincia a muoversi. Naturalmente, il tutto va condito con una buona dose di gas che, fortunatamente, ha un comando di tipo tradizionale, vale a dire a manopola sul lato destro del manubrio. Inoltre, il bicilindrico americano a V di 42° dispone di un'ottima riserva di coppia a qualsiasi regime e, al tempo stesso, è caratterizzato da un livello di vibrazioni sorprendentemente basso, nonostante lo stretto angolo tra i cilindri.
Il motore della Indian dà l'impressione di essere molto robusto e le poche vibrazioni dovevano certamente rendere più confortevole la permanenza in sella di quei piloti che affrontavano gare sulla lunga distanza come la 200 miglia di Daytona, oltre a contribuire all'affidabilità del mezzo.
Per quanto riguarda la rapportatura del cambio, la prima serve solo per le partenze da fermo, mentre le altre marce sono ben spaziate, con la seconda adatta per affrontare praticamente tutte le curve dei tracciati più tortuosi e la terza, viceversa, per quelle più veloci. In questo modo, infatti, si evita di togliere troppo spesso la mano sinistra dal manubrio, che non è certo il massimo quando l'avantreno comincia a muoversi un po', nonostante la presenza dell'ammortizzatore di sterzo.
Ad ogni modo, dopo qualche chilometro in sella alla Sport Scout, si fa l'abitudine anche al cambio a mano, nonostante non si possa certo disprezzare il salto in avanti compiuto da quello a pedale. Mentre si è alla guida della Indian, infatti, bisogna pensare a più cose del solito, compresa la giusta tempistica nell'inserimento dei rapporti e l'eventualità (tutt'altro che remota) di incappare in qualche sfollata tra una marcia e l'altra.
"Ci sono passato anche io, ? spiega Will ? ma sono sicuro che con un po' di pratica, chiunque riesca a gestire perfettamente questa caratteristica della moto".

Una moto... da giovani
Nella guida si può sempre far leva sull'ottima erogazione a disposizione. Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un 750 con circa 40 CV e un regime massimo di rotazione di 5000 giri, dunque di un bicilindrico molto facile da guidare. Inoltre, la maneggevolezza risulta altrettanto valida, grazie al ragionevole grip offerto dai pneumatici Dunlop TT100 e dalle caratteristiche geometriche del telaio rigido, anche se non è il caso di voler andare a scoprire con eccessiva foga il limite offerto dalla forcella a parallelogramma.
Per quanto riguarda il retrotreno, invece, l'assorbimento delle eventuali asperità è affidato alla sella ammortizzata dell'epoca che, anche in virtù dell'ottima pavimentazione relativa alle strade della Florida, svolge egregiamente il proprio lavoro. Il comfort è comunque garantito pure da un'eccellente posizione di guida, con il manubrio non troppo arretrato e le gambe del conducente che non interferiscono con i grossi cornetti di aspirazione cromati del carburatore a doppio corpo Linkert Bonneville.
Inoltre, il fatto che i cuscinetti di sterzo della Indian non fossero serrati come avrebbero dovuto non ispirava certo troppa confidenza. Soprattutto in frenata, infatti, si poteva avvertire un certo gioco da parte della forcella. A proposito di freni, al momento in cui usciva dalla fabbrica la Sport Scout era dotata di entrambi gli impianti e questi, in teoria, sarebbero dovuti rimanere anche durante l'uso agonistico, secondo i regolamenti in vigore nei campionati americani. Tuttavia, il fatto che la moto sia stata fatta gareggiare sugli ovali sterrati per lungo tempo ha fatto sì che nelle mai di Harding la moto ne sia arrivata priva.
Will ha dunque dovuto installare un singolo freno a tamburo da 8" sia davanti che dietro, l'anteriore proveniente da una BSA e il posteriore da una Suzuki. Entrambi lavorano nel modo in cui ci si aspetta da una moto di quel periodo e, soprattutto, non particolarmente leggera. Pertanto, è bene gestire sempre con il dovuto anticipo la frenata, soprattutto considerando il fatto che il bicilindrico Indian è caratterizzato da un rapporto di compressione pari a 6:1 e dunque non fornisce un contributo significativo per quanto riguarda il freno motore.
Il carburante è contenuto nelle due metà del serbatoio, anche se la parte anteriore destra è destinata al lubrificante del motore a carter secco, in modo da godere di un minimo raffreddamento dovuto all'esposizione al vento in marcia. Ciò significa anche che è buona norma aprire il tappo in alto a destra quando si mette in moto, giusto per controllare che il livello dell'olio sia OK.
È stato davvero un onore poter guidare la Indian di Harding. Nonostante possa venire qualche dubbio circa l'effettiva efficacia di alcune sue soluzioni tecniche, bisogna ammettere che la moto emana un fascino incredibile anche se rapportata ai modelli attuali, come conferma la partecipazione di Will agli eventi AHRMA: "Mi fu detto che nelle competizioni riservate alle moto storiche c'era carenza di piloti giovani, per questo mi sono offerto di gareggiare nella classe riservata ai mezzi con cambio manuale", spiega il nostro interlocutore, che a 55 anni suonati è ancora considerato un "giovane" della sua categoria!

;)
04.06.2008
La prima Superbike a stelle e strisce
di Alan Cathcart, foto di Kyoichi Nakamura
La formula per derivate di serie nacque per la sopravvivenza delle corse durante la crisi economica degli Anni '30. La Indian propose il modello Sport Scout, che divenne la moto da battere
Verso la metà degli anni Settanta, Will Harding, originario dell'Arizona, si classificò quinto nel campionato Superbike AMA a bordo di una Kawasaki. Più di recente, invece, Harding è stato impegnato in eventi riservati alle moto d'epoca con una Indian Sport Scout del 1936 dotata di cambio a mano, frizione a pedale, forcella a parallelogramma e un motore bicilindrico con valvole laterali che sviluppa appena 40 Cv, trasmessi a terra attraverso un telaio rigido privo di sospensione posteriore.
Fare un paragone tra queste due moto offre spunti piuttosto interessanti. Se la prima rappresenta infatti uno dei tanti modelli che ha partecipato al campionato AMA, la Indian, viceversa, è proprio la prima Superbike americana in assoluto, visto che è stata la dominatrice della classe C di questa serie fin da quando è stata istituita, vale a dire nel 1934, in risposta alle difficoltà economiche degli Stati Uniti dovute alla Grande Depressione.
I primi anni Trenta, infatti, hanno visto in America le competizioni motociclistiche molto vicine alla fine, con la classe A, riservata alle moto dai 350 ai 500 cc, in forte crisi, tanto da costringere gli unici due costruttori superstiti, Indian e Harley, a interrompere il loro impegno in forma ufficiale a causa della mancanza di fondi.
Nel 1933, la produzione totale degli stabilimenti Indian di Springfield ammontava a 1657 unità, mentre il numero di moto nuove costruiti in tutti gli Stati Uniti nello stesso anno era di appena 7418, contro gli oltre 8000 veicoli che la sola Indian costruiva ogni anno durante i "ruggenti" anni Venti.
Quando gli effetti devastanti della Depressione raggiunsero proporzioni catastrofiche in USA, ovvero verso la metà del 1932, un terzo della forza lavoro, circa 15 milioni di persone, era disoccupata, 5000 banche erano fallite, senza contare le piccole attività che chiudevano ogni giorno e la fame dilagante costringeva le persone a fare la fila per un piatto di minestra. La cosa incredibile, però, è che in questo scenario le competizioni motociclistiche sopravvissero. Ciò accadde nonostante la grandissima ostilità tra i sostenitori delle suddette Case costruttrici, spesso degenerata in violenza e all'origine della pessima immagine offerta dalla comunità motociclistica americana fino a poco tempo fa. Spesso, infatti, i raduni e le manifestazioni locali finivano inevitabilmente in risse tra bande rivali e molti club hanno dovuto chiudere a causa di questa vera e propria guerra.


Una moto da corsa anti-crisi
Fu dunque per fronteggiare questa crisi economica e sociale che la AMA istituì la classe C, in modo da riattivare l'interesse nei confronti della serie nazionale e permettere ai piloti di gareggiare con mezzi quasi di serie spendendo cifre ragionevoli, attraverso un regolamento studiato appositamente.
Addirittura, quest'ultimo prevedeva che le moto fossero guidate e non trasportate da un circuito all'altro, anche se poi questa norma fu tolta, assieme al fatto che i piloti ammessi fossero solo di livello amatoriale. Tutto ciò fece sì che la classe C diventasse la base sulla quale si è sviluppata la Superbike AMA nei primi anni Settanta.
Nel 1934, il regolamento della Classe C prevedeva che le moto con valvole laterali avessero una cilindrata di 750 cc, dal momento che era questa la configurazione utilizzata su strada dalla maggior parte dei motociclisti dell'epoca. Quelle con valvole in testa, invece, era limitate a 500 cc, con un rapporto di compressione massimo di 7,5:1, in modo da non risultare più competitivi dei 750. All'inizio, le uniche modifiche permesse consistevano nella rimozione delle luci e della dotazione stradale, oltre che nell'installazione di un parafango posteriore più avvolgente.
I piloti erano tenuti a presentare i documenti in merito alla proprietà della moto, in modo da scongiurare la fornitura di mezzi ufficiali da parte delle Case costruttrici. Fu così, però, che nel 1934 la Indian mise in commercio la Sport Scout, che veniva venduta all'abbordabile prezzo di 300 dollari. Questo modello utilizzava un motore bicilindrico a V di 42° con valvole laterali e carter secco, caratterizzato da 73 mm di alesaggio e 88,9 mm di corsa e inserito in un telaio decisamente robusto. Il peso a secco del veicolo in assetto stradale era di 175 Kg. Sia la valvola di aspirazione che quella di scarico avevano un diametro di 41,275 mm, mentre le teste erano in lega e i cilindri in ghisa. Il cambio era a tre velocità e veniva azionato manualmente, in abbinamento a una frizione in bagno d'olio. L'accensione era, secondo gli standard di allora, a batteria e bobina, con la possibilità opzionale di usarne una a magnete. Il modello precedente alla Sport Scout, la Motoplane, rappresenta la prima Indian a impiegare una forcella a parallelogramma sulla falsariga di quanto all'epoca già accadeva sulle moto inglesi. La Sport Scout, pertanto, veniva equipaggiata con una versione irrobustita di questa unità, che determinava un interasse relativamente contenuto per gli standard di quel periodo: 1435 mm. Le ruote erano entrambe da 18" e il livello di maneggevolezza decisamente buono, a giudicare dalla soddisfazioni dei numerosi clienti che ebbero modo di apprezzare questo modello.

Competitiva fino al 1953
La sua prima vittoria giunse nel febbraio del 1935, alla 200 miglia di Jacksonville, Rody Rodenburg inaugurò una serie che fece della Sport Scout la moto più gettonata del lotto. Con un minimo di elaborazione, infatti, i piloti privati potevano contare su un mezzo competitivo nella classe C, al quale la Harley Davidson rispose solo sei anni più tardi con la WR.
Il successo della Sport Scout fu sottolineato anche dalla doppietta ottenuta dal californiano Ed Kretz nel 1937, vincendo sia la 200 miglia di Daytona (che all'epoca si disputava parte sulla sabbia della spiaggia e parte sull'asfalto della strada) sia quella di Jacksonville nell'arco di appena sette giorni. Addirittura, Kretz e la sua Sport Scout continuarono a vincere anche nel dopoguerra e, in pratica, la gloriosa carriera di questo modello ebbe fine nel 1953, con la chiusura della Indian stessa.
Uno di questi esemplari, e più precisamente un modello del 1936, fu acquistato di seconda mano da Ken Dinan nell'immediato dopoguerra. Questa moto ha gareggiato con discreti risultati fino alla fine degli anni Quaranta per mano dello stesso Dinan, il quale ha vinto abbastanza gare per la Casa di Springfield da vedersi riconoscere, nel 1949, l'onore di poter acquistare, al simbolico prezzo di un dollaro, una nuova Project 648 Sport Scout, cosa che lo indusse a vendere l'esemplare del 1936 a un altro pilota. Quest'ultimo risponde al nome di Duffy Batchelder, il quale, nel 1999, ha rivenduto la Sport Scout a Will Harding, che all'età di 55 anni l'ha portata di nuovo in pista per regalarle una sorta di seconda giovinezza nelle competizioni per moto d'epoca.
Harding è infatti il cofondatore della AHRMA, oltre che l'organizzatore della prima gara per veicoli storici di Daytona, al Cycle Week del 1981. Grande appassionato del marchio Indian, Will ha iniziato la sua carriera di pilota nel 1973 in sella alle Yamaha a due tempi, per poi passare alle quattro tempi dell'allora nascente classe Superbike, dopo di che si è addirittura dato al triathlon, specialità che lo ha visto campione dello stato della Florida e protagonista di due Iron Man. Nei primi anni Ottanta, poi, Harding è tornato alle moto, prendendo parte al Tourist Trophy sull'isola di Man prima di dedicarsi, sia come pilota che come organizzatore, agli aventi per moto d'epoca negli Stati Uniti.

Trionfatrice fra le moto d'epoca
Così, dopo aver vinto due titoli AHRMA nella categoria F750 a bordo della leggendaria Honda "Old Grizzly" a quattro cilindri, più altri tre nella Formula Vintage, BoTT F2 e BoTT F3 in sella a delle Moto Guzzi, questo straordinario personaggio ha deciso di affrontare una nuova sfida nel tempo libero che gli rimane tra gli impegni con l'organizzazione degli eventi per moto storiche e le serate nelle quali suona il contrabbasso con la sua band nei club di musica dal vivo: portare in gara la Sport Scout nella classe C della AHRMA, vale a dire quella dedicata alle moto con cambio a mano costruite prima degli anni Cinquanta.
"Ho avuto l'occasione di provare qualche Indian durante dei turni di prove libere e ho capito che dovevo assolutamente possederne una, dal momento che è una moto divertentissima, oltre a rappresentare la progenitrice di tutte le moto da corsa americane" - spiega Will Harding mentre i suoi assistenti stanno preparando la sua Sport Scout con cambio a mano, la stessa che ha vinto il concorso come miglior moto d'epoca originale al Cycle Week di Daytona, per la nostra prova.
Un titolo che è andato ad aggiungersi alle otto vittorie consecutive sia nella Classe C della AHRMA che nei Gran Premi riservati alle moto costruite prima del 1940, ottenute dal 2000 al 2005, prima che la moto fosse messa a riposo nella casa di Will a Gainesville, Florida. Tuttavia, l'arrivo di moltissimi esemplari con cambio a mano, la maggior parte dei quali provenienti dall'Australia, alla Cycle Week del 2007, ha costretto Harding a rispolverare la sua Indian per difendere l'onore degli Yankee in quel di Daytona. "Non potevo lasciare che la compagine australiana avesse vita facile ? spiega Will ? perciò la Sport Scout è tornata di nuovo in pista!".
Naturalmente, prima di affrontare questo impegno, la moto è stata completamente revisionata, sia per garantire la necessaria affidabilità che per risolvere alcuni problemi dovuti a qualche trafilaggio d'olio. Inoltre, Harding ha avuto la possibilità di allenarsi un po' prima della gara, anche se l'ha fatto a modo suo? "Una settimana prima di guidare la moto a Daytona ho percorso circa 250 miglia per strada, solo che non avevo i fari, la targa e il silenziatore! Diciamo che qui in Florida gli spazi sono molto ampi e, poi, conosco molto bene lo sceriffo del luogo! È stato grazie a queste uscite se ho potuto riprendere le misure alla Sport Scout. Infatti, per gli standard dell'epoca prebellica, l'aderenza dei pneumatici è discreta ed è molto facile toccare l'asfalto con le pedane in curva, dunque è bene non chiedere troppo alla ciclistica in questo frangente, anche perché la forcella a parallelogramma innesca subito qualche ondeggiamento. Certo, installando un'unità telescopica idraulica che i regolamenti AHRMA consentono per motivi di sicurezza la situazione migliorerebbe, ma per quanto mi riguarda ho preferito adottare un semplice ammortizzatore di sterzo che fornisce comunque dei benefici".
Ammortizzatore di sterzo o no, la Sport Scout è pur sempre una moto costruita negli anni Trenta, dunque va guidata con la dovuta cautela, anche se la prova si è svolta, secondo la miglior tradizione statunitense, sulle lunghe e dritte highway della Florida.

Attenti a cambio e frizione!
Il trucco per guidare la Sport Scout è quello di non farsi confondere dal cambio a mano e dalla frizione a pedale, che al giorno d'oggi sono praticamente scomparsi in ambito motociclistico. In pratica, basta fare finta di essere alla guida di una automobile, nonostante il manubrio al posto del volante.
Ciò non significa, naturalmente, che una volta avviato il motore con il kickstarter e apprezzato il tipico sound del bicilindrico americano, tutto riesca facile e spontaneo. Bisogna prima premere il pedale della frizione sulla sinistra, azionare la leva del cambio a mano (posta anch'essa sul lato sinistro), il che tra l'altro dà luogo a una notevole rumorosità meccanica, e rilasciare gradualmente il pedale fino a quando il mezzo non comincia a muoversi. Naturalmente, il tutto va condito con una buona dose di gas che, fortunatamente, ha un comando di tipo tradizionale, vale a dire a manopola sul lato destro del manubrio. Inoltre, il bicilindrico americano a V di 42° dispone di un'ottima riserva di coppia a qualsiasi regime e, al tempo stesso, è caratterizzato da un livello di vibrazioni sorprendentemente basso, nonostante lo stretto angolo tra i cilindri.
Il motore della Indian dà l'impressione di essere molto robusto e le poche vibrazioni dovevano certamente rendere più confortevole la permanenza in sella di quei piloti che affrontavano gare sulla lunga distanza come la 200 miglia di Daytona, oltre a contribuire all'affidabilità del mezzo.
Per quanto riguarda la rapportatura del cambio, la prima serve solo per le partenze da fermo, mentre le altre marce sono ben spaziate, con la seconda adatta per affrontare praticamente tutte le curve dei tracciati più tortuosi e la terza, viceversa, per quelle più veloci. In questo modo, infatti, si evita di togliere troppo spesso la mano sinistra dal manubrio, che non è certo il massimo quando l'avantreno comincia a muoversi un po', nonostante la presenza dell'ammortizzatore di sterzo.
Ad ogni modo, dopo qualche chilometro in sella alla Sport Scout, si fa l'abitudine anche al cambio a mano, nonostante non si possa certo disprezzare il salto in avanti compiuto da quello a pedale. Mentre si è alla guida della Indian, infatti, bisogna pensare a più cose del solito, compresa la giusta tempistica nell'inserimento dei rapporti e l'eventualità (tutt'altro che remota) di incappare in qualche sfollata tra una marcia e l'altra.
"Ci sono passato anche io, ? spiega Will ? ma sono sicuro che con un po' di pratica, chiunque riesca a gestire perfettamente questa caratteristica della moto".

Una moto... da giovani
Nella guida si può sempre far leva sull'ottima erogazione a disposizione. Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un 750 con circa 40 CV e un regime massimo di rotazione di 5000 giri, dunque di un bicilindrico molto facile da guidare. Inoltre, la maneggevolezza risulta altrettanto valida, grazie al ragionevole grip offerto dai pneumatici Dunlop TT100 e dalle caratteristiche geometriche del telaio rigido, anche se non è il caso di voler andare a scoprire con eccessiva foga il limite offerto dalla forcella a parallelogramma.
Per quanto riguarda il retrotreno, invece, l'assorbimento delle eventuali asperità è affidato alla sella ammortizzata dell'epoca che, anche in virtù dell'ottima pavimentazione relativa alle strade della Florida, svolge egregiamente il proprio lavoro. Il comfort è comunque garantito pure da un'eccellente posizione di guida, con il manubrio non troppo arretrato e le gambe del conducente che non interferiscono con i grossi cornetti di aspirazione cromati del carburatore a doppio corpo Linkert Bonneville.
Inoltre, il fatto che i cuscinetti di sterzo della Indian non fossero serrati come avrebbero dovuto non ispirava certo troppa confidenza. Soprattutto in frenata, infatti, si poteva avvertire un certo gioco da parte della forcella. A proposito di freni, al momento in cui usciva dalla fabbrica la Sport Scout era dotata di entrambi gli impianti e questi, in teoria, sarebbero dovuti rimanere anche durante l'uso agonistico, secondo i regolamenti in vigore nei campionati americani. Tuttavia, il fatto che la moto sia stata fatta gareggiare sugli ovali sterrati per lungo tempo ha fatto sì che nelle mai di Harding la moto ne sia arrivata priva.
Will ha dunque dovuto installare un singolo freno a tamburo da 8" sia davanti che dietro, l'anteriore proveniente da una BSA e il posteriore da una Suzuki. Entrambi lavorano nel modo in cui ci si aspetta da una moto di quel periodo e, soprattutto, non particolarmente leggera. Pertanto, è bene gestire sempre con il dovuto anticipo la frenata, soprattutto considerando il fatto che il bicilindrico Indian è caratterizzato da un rapporto di compressione pari a 6:1 e dunque non fornisce un contributo significativo per quanto riguarda il freno motore.
Il carburante è contenuto nelle due metà del serbatoio, anche se la parte anteriore destra è destinata al lubrificante del motore a carter secco, in modo da godere di un minimo raffreddamento dovuto all'esposizione al vento in marcia. Ciò significa anche che è buona norma aprire il tappo in alto a destra quando si mette in moto, giusto per controllare che il livello dell'olio sia OK.
È stato davvero un onore poter guidare la Indian di Harding. Nonostante possa venire qualche dubbio circa l'effettiva efficacia di alcune sue soluzioni tecniche, bisogna ammettere che la moto emana un fascino incredibile anche se rapportata ai modelli attuali, come conferma la partecipazione di Will agli eventi AHRMA: "Mi fu detto che nelle competizioni riservate alle moto storiche c'era carenza di piloti giovani, per questo mi sono offerto di gareggiare nella classe riservata ai mezzi con cambio manuale", spiega il nostro interlocutore, che a 55 anni suonati è ancora considerato un "giovane" della sua categoria!

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